Christopher Murray dirige e interpreta questo dramma intrigante e originale su un processo cileno per stregoneria del 1880. “Io non sai più chi sei”, dice Agnes (Annick Durán) a Rosa (Valentina Véliz Caileo) poco prima di Sorcery (Brujería) di Christopher Murray. Anche Rosa non ne è così sicura.
Rosa, una cameriera tredicenne dei coloni tedeschi sull’isola cilena di Chiloé nel 1881, si è convertita al cristianesimo, ha imparato il tedesco ed è diventata come i suoi datori di lavoro: il patriarca Stefan (Sebastian Hülk), sua moglie Agnes e i loro giovani figli Thorsten (Matías Bannister) e Franz (Iker Echevers) – che considera come la sua stessa famiglia. Tuttavia, quando tutte le pecore della proprietà vengono colpite da una misteriosa malattia, Stefan sospetta una stregoneria e scaglia i suoi cani contro il padre di Rosa, Juan (Francisco Núñez), uccidendolo.
Incapace di dare a Juan una sepoltura cristiana e non riuscendo a ottenere giustizia né dal sindaco (Daniel Muñoz) né dalla Chiesa, Rosa viene accolta da Mateo (Daniel Antivilo), un anziano indigeno con legami con la società segreta Huilliche conosciuta come Recta Provincia. La stregoneria è sia rito di passaggio che mito di vendetta, poiché Rosa, al culmine dell’adolescenza, si guarda nello specchio acquoso, o negli occhi di Mateo, e ritrova se stessa. “Alcune persone non vogliono ricordare”, le dice Aurora Quinchen (Neddiel Muñoz Millalonco), “ma i ricordi sono impressi su tutto”. Aurora inizia Rosa alla magia tradizionale dell’isola, e così Rosa si spoglia di tutte le trappole della sua assimilazione al colonialismo e abbraccia la sua eredità nativa e la strega interiore.
Murray presenta tutti i mutamenti di forma, gli scambi di corpo e le maledizioni in una modalità rigorosa di realismo magico in cui le regole del naturalismo e gli effetti speciali sono evitati (a parte lo strano mormorio apparentemente modificato in CGI). Questo realismo è importante: non solo la storia del film, scritta da Murray con Pablo Paredes, è vagamente basata su un vero processo del 1880 contro gli indigeni di Chiloé accusati di stregoneria, ma gli arredi soprannaturali del film servono come metafore dell’identità aborigena.
Dopotutto, Rosa, nella sua ricerca di giustizia e parità di trattamento, non solo sta tornando alle sue radici culturali, ma sta anche attraversando una radicalizzazione politica, poiché vede i torti dei suoi padroni coloniali e dei loro servi compromessi, e decide di reagire il suo furtivo “stato nello stato”. Rosa si sta risvegliando non solo al suo ambiente, ma anche alle ingiustizie insite nel sistema prevalente, nonché al proprio status, classe, etnia e poteri nascosti. In definitiva Sorcery è un film sulla terra (e sull’acqua). Mateo implica che il gregge di Stefan sia stato maledetto perché ha costruito la sua fattoria su una terra sacra.
Rosa imparerà da Mateo che gli Huilliches come suo padre “non sono creature del cielo, sono creature del mare”, e invertirà il suo battesimo cristiano con una cerimonia dell’acqua più nativa, mentre scoprirà il sottosuolo letterale e metaforico dell’isola in una grotta che, come Aurora suggerisce solo a metà scherzosamente, si trova dentro di sé. Qui la geografia dell’isola e la mitologia dei nativi si fondono in un mistero sovrapposto che alla fine porterà all’emergente conoscenza di sé della giovane donna, mentre si trasforma in un tipo di adulta molto diversa.
Sorcery di Christopher Murray non è solo un film storico; è un viaggio nella riscoperta di sé attraverso il prisma della magia e del realismo. Questo film invita gli spettatori a riflettere sulle radici culturali e sulla lotta per la giustizia, mentre ci accompagna nel misterioso mondo di Chiloé, dove il passato e il presente si fondono in un intreccio di storie e miti.